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      Proponevansi gli altri i modelli che quella età porgesse migliori: egli guardava a lungo nelle nuvole, e ne cavava di strane battaglie equestri e le piú fantastiche città e paesi che si vedessero mai; anche amava i diluvii grandi delle acque che si rovesciassero dai tetti stritolandosi per terra. Gli altri rallegravano l'Atene italiana del Cinquecento con le piú liete e vaghe mascherate del mondo: egli spaventava i fiorentini, troppo tosto dimentichi del Savonarola e troppo improvvidi della servitú, sorveniente, col Carro della Morte. Altro tipo somigliante al Guerrazzi scrittore l'abbiamo in Michelangiolo da Caravaggio. Sórto egli pittore senza maestro, tra il fiorire de' Caracci, per dispetto degli arbitrii accademici e delle leggi convenzionali si gittò sotto i piedi ogni regola. ogni legge, e l'antichità e il disegno: per odio ai coloritori del tempo, ei dipingeva in uno studio tutto tinto a nero, ove la luce pioveva scarsa da un solo e alto spiraglio. Onde ne' suoi dipinti le ombre vigorose e taglienti, rilevati i contrasti del chiaroscuro, il tócco vigoroso; ma e scorrezioni e durezze inevitabili. Aggiungi che il Caravaggio presceglieva, a dipingere, assassinii e avventure paurose, ruine e cadaveri, e che nei quadri per le chiese sgomentava e disgustava i divoti con la cruda verità. Ma tutto questo, odo dirmi, è egli bene? Tutto tutto, non credo. Per altro ai tempi in cui il convenzionale predomina, o in cui, a malgrado delle pretensioni e presunzioni superbe, tutto è appianato e livellato a un esempio né alto né bello, tutto è intonacato e scialbato come le facciate delle chiese de' gesuiti, questi contrasti acri, avventati, è bene che ci sieno.


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Conversazioni critiche
di Giosuè Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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