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      Ma F. D. Guerrazzi, il quale sbozza piú che non finisca, e riesce ne' tócchi arditi meglio che nei contorni, nelle tinte vigorose meglio che nelle sfumature; il Guerrazzi, il quale si trova a suo agio fra le nature scabre e forti della storia antica e tra quelle de' Còrsi; potrà egli accomodarsi a delineare, a miniare le figurette lievi e sfuggenti della bella e buona società contemporanea? Questa è la domanda che si movono molti fra gli ammiratori dell'autor dell'Assedio, del dipintore terribile della cena e del laboratorio di Francesco de' Medici. Rileggiamo Il Buco nel muro.
      Nulla d'orribile, nulla d'ostentato o di sforzato negli avvenimenti e nei caratteri: niuna dose, per quanto minima, di quegli eccitanti, che la imitazione francese suole intromettere in siffatti romanzi. Semplice e piana è la storia, una breve storia di famiglia. Vediamo e udiamo ne' due primi capitoli uno zio, buona pasta d'uomo strano, tutto cura e amore per la casa e per un nipote che s'è rilevato e tirato su orfanello. Non però dovete credere che il signor Orazio sia uno di quei soliti zii da commedia, il cui tipo primitivo è il Micione terenziano; di quegli zii buontemponi, ben pasciuti, tutti ciarla volgarmente assennata, che lasciano correr l'acqua alla china. Il signor Orazio è un uomo ora arruffato come un istrice, ora soave come una colomba; che pensa come non pensano gli altri, e dalle cose chiarissime curiosamente osservate deduce le piú nuove conseguenze; che per le follie e le tristizie del mondo ha un cotale suo riso, velato talor da una lacrima, terminante piú spesso in un fremito: sopra tutto grande amatore del parlar figurato e delle digressioni.


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Conversazioni critiche
di Giosuè Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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