E Marcello, il suo degno nipote, specialmente nel considerar le cose dal lato piú lontano, e specialissimamente nell'amore delle digressioni, tien tutto dallo zio, se pure, per la maggior caldezza della gioventú, non lo vince. Sta fra i due la Betta, vecchia donna di casa, una di quelle che in una famiglia priva di capo femminile pigliano il sopravvento sul padrone, e dimostrano la loro potenza con la famigliarità rispettosa verso di lui, con l'affettuosa protezione verso i minori. La Betta, figura gioviale e arguta, dall'aria serena e sicura, fra zio e nipote pensanti e parlanti a ghirigori, rappresenta il buon senso popolano, che vede le cose dall'aspetto piú ovvio e piú vero, e pensa dirittamente, e parla alla buona, benché talvolta si lasci prendere a certe lustre per fin di bene; è una specie di Sancio Panza in gonnella, senza la goffaggine del bravo scudiere della Mancia. Ma il signor Marcello, conoscendo per prova l'arrendevolezza dello zio non ostante le dure apparenze, gli avea levato la mano; e di scapataggine in scapataggine era venuto tant'oltre da rasentare la via della colpa. Fatto un animo risoluto, lo zio lo fornisce del necessario viatico, e lo conforta a correre il mondo e non tornarsene a casa se non mutato in altr'uomo e dopo cinque anni. Ne corrono intanto due; il cui spazio è occupato nel racconto da un capitolo ove si dimostra piú apertamente al lettore l'animo e la vita del signor Orazio, e da un altro, ove, perché il lettore non prenda scandalo del terribile salto di due anni, gli si fa la storia delle origini e delle vicende del romanzo.
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