Ma il zio Orazio, per quanto non voglia farne trasparir nulla, č tormentato dal pensiero di Marcello, e ne discorre una sera con Betta: quando a un tratto si spalanca l'uscio ed eccoti niente meno che Marcello in persona. Il quale fa in tre capitoli la narrazione, un po' piú lunga di quella d'Enea che dura due libri, de' suoi viaggi, de' suoi travagli, della sua conversione; come, reputasse bene non recarsi oltre Milano; come dato fondo al denaro, tornasse a pigione in una soffitta; come volendo appendere una immagine alla parete facesse un buco nel muro, buco in grazia del quale egli torna Rinnovellato di novelle fronde, Puro e disposto a... a far che, vedremo piú sotto. Imperocché vide per quel buco una donna, una bellissima e pietosa e misera donna che sosteneva col lavoro delle sue mani e con amorosissime cure confortava un ammalato. Era la signora Isabella, figliuola di un ricco banchiere, e contro al volere del padre moglie a un pittore, che, sfogato l'ardor primo, si chiarí indegno di lei, ed č l'ammalato. Come ne fosse Marcello súbito preso, per quali casi giungesse a parlarle, a sovvenirla d'efficace aiuto, a patir le sue pene, leggetelo nel racconto del giovine. Uditolo, il signor Orazio senz'altro chiude il nipote in camera, trotta a Milano a vedere con gli occhi suoi qual sorta di amore fosse quello della signora Isabella; e trovato che č del buono, e provatosi in vano a riconciliarle il padre, il banchiere Omobono, se la porta a Torino e la dŕ in moglie a Marcello.
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