Piś tardi, maturato a uomo, mi riconciliai un tantino col disgraziato campione di Dulcinea e cominciai a riderne: - Il brav'uomo č un matto - io mi diceva. E pure, parrą strano, ma in tutte le vie della vita le due figure del magro cavaliere e del suo scudiere grasso mi perseguitavano sempre; e proprio me le vedevo da canto ogni volta che mi fermavo pensoso ad un bivio. Cosķ, mi ricordo, quando venni in Francia, che svegliandomi a un tratto da un assopimento febbrile, vidi nella nebbia del mattino cavalcarmi presso le due ben note figure: l'una, alla diritta, era don Chisciotte della Mancia su l'astratto suo Rossinante, l'altra, alla sinistra, era Sancio Pancia su l'asino suo positivo. Avevamo tócco a punto il confine francese. Il nobile cavaliere della Mancia chinņ rispettoso la testa dinanzi la bandiera tricolore che ci sventolava dinanzi d'in cima ai pali del confine; il buon Sancio salutņ con un cenno del capo un po' freddo i primi gendarmi francesi che ci comparvero incontro. Ma poi i due amici cavalcaron via dinanzi a me: io gli perdei d'occhio, e solo di tratto in tratto udivo gli entusiastici nitriti di Rossinante e i positivi hi hon dell'asino.
Allora io era d'avviso che il ridicolo del Donchisciottismo consistesse in questo: che il nobile cavaliere avea voluto tornare in vita un passato da lungo tempo estinto, e le sue povere membra, segnatamente la schiena, s'erano avvenute a dolorose confricazioni con le realtą del presente. Ahimč, io ho poi imparato ch'ell'č una altrettanto ingrata follia voler troppo presto introdurre l'avvenire nel presente, quando nei combattimenti contro i grossi interessi del giorno s'ha da portare soltanto un troppo magro ronzino, una troppo arrugginita armatura e una persona meschina quanto l'armatura e il ronzino.
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