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      Ei fu un bello e forte uomo don Michele Cervantes de Saavedra. Alta era la sua fronte, e largo il cuore: meravigliosa la magia dell'occhio. Come v'ha gente che vedono attraverso la terra e vi scorgono i tesori e i cadaveri sotterrativi, cosí l'occhio del grande poeta penetrava giú per il petto degli uomini, e discerneva chiaro ciň che v'era sepolto. Ai buoni era il suo sguardo come un raggio di sole che rischiarava allegramente il loro interno; ai cattivi era una spada che tagliava crudelmente a pezzi i mal celati sentimenti. Quello sguardo irrompeva indagatore dentro l'anima, e parlava con lei, e, se non voleva rispondere, la metteva alla tortura; e l'anima giaceva sanguinante sul cavalletto, mentre forse la sua invoglia corporea si dava l'aria degna d'una gentile condiscendenza. Qual meraviglia che tanta gente gli procedesse avversa, e ch'egli trovasse cosí deboli e scarsi appoggi nel córso della vita! Egli non giunse mai a quel che si dice una posizione agiata, e da' suoi faticosi pellegrinaggi non riportň a casa una perla, sí delle conchiglie vuote. Dicono ch'e' non sapesse apprezzare il valore dell'oro; ma io v'assicuro che sapeva bene apprezzarlo quando non ne aveva piú; non mai, per altro, lo apprezzň al pari dell'onore. Aveva dei debiti, e nella constituzione che egli fa concedere da Apollo ai poeti il primo articolo stabilisce: - Quando un poeta afferma di non aver denaro, gli si deve credere su la parola e non intimargli il giuramento. - Amava la musica, i fiori e le donne.


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Conversazioni critiche
di Giosuč Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





Michele Cervantes Saavedra Apollo