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      Ma questo unico pensiero è sempre un'altezza, se non pure il sovrano.
      Dello spirito del Cervantes e dell'influenza che ebbe il suo libro potei dar solo qualche cenno; e anche meno potrò estendermi sul vero valore artistico, perché occorrerebbero discussioni che mi trasporterebber troppo lontano nel campo dell'estetica: farò qui e solo in generale qualche osservazione su la forma del gran romanzo e su le due figure che ne tengono il centro. La forma è d'una narrazione di viaggio, come la piú naturale per questo genere d'invenzioni poetiche: basti ricordare l'Asino d'oro d'Apuleio, il primo romanzo dell'antichità. Alla uniformità, che è il difetto di sí fatte narrazioni, si volle riparare piú tardi con ciò che oggi chiamiamo la favola del romanzo. Ma i piú dei romanzieri, poveri d'invenzione, presero le favole a prestito gli uni dagli altri, o almeno gli uni si giovarono delle favole degli altri con poche modificazioni; e per cotesto ritorno degli stessi caratteri intrecci e situazioni il pubblico alla fine quasi si svogliò di romanzi, e per iscampar dalla noia delle favole riabburattate si ricorse per qualche tempo all'antica e original forma della descrizione di viaggio: ancora riabbandonata, non a pena apparí un poeta originale con favole nuove e fresche. In letteratura come in politica tutto si muove secondo la legge dell'azione e della riazione.
      Le due figure di Don Chisciotte e di Sancio Panza, che nella continua parodia si compiono sí mirabilmente da formare tutt'e due il vero e proprio eroe del romanzo, attestano con egual forza l'arte e la profondità del poeta.


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Conversazioni critiche
di Giosuè Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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