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      Soldato, combatté, fra le altre, le guerre di Fiandra: prete, fu canonico di Toledo, cappellano reale in Madrid, confratello della congregazione di san Pietro apostolo: ebbe pensione a corte di trenta scudi il mese, benefizi a Toledo e in Sicilia. Ciò per larghezza di Filippo quarto, che del teatro piacevasi e pe'l teatro scriveva, nascondendosi con verbosa modestia sotto l'appellativo di un ingenio de esta corte. Filippo dunque consacrò il Calderon in suo poeta, come la chiesa di Spagna lo avea consacrato in suo ministro; e lo trattò un po' meglio che simili re dilettanti e guastamestieri non usin fare con quelli emuli ingegnosi ch'ei si tengono da torno per isfoggio di vanità, a uso bestie rare, e per un piú comodo sfogo, nella vicinanza degli oggetti, alle tentazioni dell'invidia. Cosí la vita di Pietro Calderon, varia e felice, empié quasi tutto il secolo decimosettimo: il poeta della monarchia e della chiesa spagnola distese l'ombra della sua gloria su l'età scadente di quelle due instituzioni, l'ombra allungata dall'occaso del sole di Castiglia, che pur doveva non conoscer tramonto. Nato co 'l secolo, piú esattamente che a' nostri giorni non dicasi di Vittore Hugo, aveva sedici anni quando morí Michele Cervantes, trentacinque quando Lope de Vega; creatore quello, accrescitore questo del teatro spagnolo, grande e vero onore, il primo, della Spagna e della letteratura europea. A tredici anni scrisse la sua prima commedia, El carro del cielo; a ottant'uno, Hado y divisa, l'ultima.


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Conversazioni critiche
di Giosuè Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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