Morí a' 25 maggio 1682; e lasciava, affermano i biografi, centoventi comedias, duecento loas (prologhi), cento saynetes (farse), e ben piú di cento autos sacramentales (drammi religiosi allegorici): sí bene che le opere di lui a stampa non aggiungono a tanto numero.
II.
Negli atti sacramentali pare che talvolta recitasse egli stesso improvvisando, come i nostri comici antichi nelle commedie d'arte. Ma il Calderon era in buona compagnia: recitava con Filippo quarto. Nella Creazione del mondo il re faceva da Dio, il cappellano reale da Adamo. E Adamo cominciò a descrivere il paradiso terrestre. Naturalmente Dio si dové annoiare a sentirsi squadernar lí su'l viso quello che aveva creato egli stesso: figuratevi poi, avendo che fare con un Adamo Calderon, della cui imperturbabilità nel tirar giú cataloghi di metafore e similitudini i lettori poterono avere un piccolo saggio nella rappresentazione di venerdí sera, se v'assisterono, e ne potranno avere uno infinito aprendo a caso qualunque de' molti volumi suoi. Non vi era in somma fuscello, granello, bacherozzolo che sfuggisse all'acuto occhio del canonico di Toledo. E Iddio si scontorceva e stronfiava su'l seggiolone dorato. Ma era proprio un predicar la discrezione ai preti: Adamo cappellano badava pure a tirare avanti. Iddio alla fine cominciò a sbadigliare sí fieramente, che Adamo, punto nella vanità d'autore, tagliò a mezzo una similitudine per domandare al signore e dio suo (tanto è vero che un autore offeso è capace di riuscire anche eroe) qual fosse mai la cagione per la quale Sua Divinità si induceva a far dimostrazioni cosí poco reali d'una passione non punto divina.
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