Il cavaliere fantastico e terribile era Enrico Heine. A questo nome quante bizzarre e incantevoli apparizioni sorgono a turbinare nella memoria! Quante fate pensose ci guardano coi loro grandi occhi azzurri cupi, quante nisse beffarde ci motteggiano passando! Quante buffe caricature, quante figure dolorose ci sfilano davanti agli occhi! Si riapre ancora allo sguardo abbagliato la magica foresta dei racconti delle fate; e nella caligine luminosa dei verdi frondeggiamenti, fra gli scintillii del sole sul lussureggiante fogliame, apparisce una mano bianca che ci fa segno, ci chiama, ci attrae piú lontano, sempre piú lontano.
«La storia del Heine e della poesia romantica č per sé stessa un de' piú bizzarri racconti. Questa poesia aveva trasportato i suoi penati nell'antico castello del medio evo. L'aveva restaurato superbamente: cioč, fra i muri crollanti aveva ricostruito una splendida sala, badate bene, di legno. Colonne a chiocciola sostenevano superbamente la vňlta moresca; e le statue colossali dei vecchi imperatori, disposte in fondo alla sala presso il trono della santa e mistica poesia, parevano pronte a trar la spada per difenderla. In quella sala, scintillante di faci di fontane e di specchi, i romantici si diedero l'appuntamento per una gran festa... Vi giungevano, meravigliosamente addobbati, cavalieri tedeschi, francesi, mori e saracini; bionde castellane in vesti azzurre seminate di stelle d'argento, cupe regine in mantelli purpurei raggianti di soli d'oro, trovatori dalle capellature ondeggianti.
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Enrico Heine Heine
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