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      E cominciò il ballo. Una musica fantastica attrasse le coppie entro un cerchio magico, e con le cadenze via via piú passionali le trascinò a turbine. In questo momento entrò un misterioso cavaliere spagnolo. Stretto in una giubba di velluto, ei procedeva con la superba aria d'un hidalgo: mostrava nel mantello ricamato a oro alcune cifre arabe e indiane, e una gran penna di corvo gli dondolava sul capo: non avea maschera: bello di volto e attraente. Un ardore dolce e cupo covava negli occhi suoi fissi, e un superbo disdegno gl'increspava le labbra voluttuose. Portava ricamata in argento sul berretto la sua insegna, due teste di sfinge, che l'una pareva piangere e l'altra scoppiar dalle risa. Smisero di ballare per guardarlo. Egli con far trascurato prese la prima chitarra che gli venne alle mani, e cantò certe romanze castigliane con tono cosí altero e accento cosí nuovo, che scoppiò un tuono d'applausi. Il ballo ricominciò furioso, e il nuovo venuto ne fu il re».
      «Ma presto tutti cadevano di stanchezza. - Or su - disse ad alta voce il bello incognito - è mezzanotte: via le maschere: ne ho assai di questa commedia. Vo' sapere chi siete. Io mi chiamo Enrico Heine: giudeo o protestante, come vorrete: ma mi rido di Dio e del diavolo, adoro l'amore e la libertà, e odio l'ipocrisia. Io ho detto chi sono. Ditelo anche voi. - Tutti gridarono: Indegnità. Il bel cavaliere diè in uno scroscio di risa: - Ah, voi avete paura, mascherine belle? E pure io so chi siete. - E accostandosi a un maestoso templaro, gli strappò la maschera: - Tu - gridò - non sei altro che un gesuita, e qui fai gli affarucci della tua congregazione.


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Conversazioni critiche
di Giosuè Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





Enrico Heine Dio Indegnità