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      La fiamma rossa lo investí, e crepitando di gioia guadagnò il culmine. Le travi scricchiolarono, la folla scappò: in un batter d'occhio la splendida sala fu un braciere, e sprofondò. Il poeta gittò un grido di trionfo. Ma tutto a un tratto si trovò nella triste torre, invecchiato, malinconico, solo. Come avviene nei racconti delle fate, quando svanisce il castello pieno di fiaccole, di valletti e di damigelle; egli non udí piú altro che gli stridi della civetta e della strige. Allora il poeta gridò tristamente: - E pure io ho amato! e pure io ho creduto all'ideale! - Forse non mai era stato piú sincero d'allora; ma egli aveva troppo riso, e non fu creduto6.»
     
     
      IV.
     
      Dopo ciò, a discorrere, di fuga, del romanticismo mescolato alla politica, toccherà a me.
      Da principio romanticismo e patriotismo furono in Germania una cosa. Le memorie del medio evo cristiano-tedesco risvegliate con poetica sentimentalità nel romanticismo durante la signoria francese infiammarono i combattenti del 1813: l'orgoglio delle vittorie del '13 e del '15 alla sua volta rese quasi nazionale la riazione, e inebriò e licenziò a' piú furiosi eccessi mistici e feudali il romanticismo. Ci fu tempo, breve per verità, che la Germania, e non solo la Germania, parve avere perduto il senso del vero, la conscienza del moderno, la superbia della eredità del secolo decimottavo. Fu un terror bianco di medio evo, uno stravizio d'idealismo, un carnevale di spiritualismo. E il carnevale era la quaresima; e il digiuno delle idee durava tutto l'anno; e mille Braghettoni morali mettevano gran foglie di fico su le nudità della primavera, su l'oscenità dell'estate.


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Conversazioni critiche
di Giosuè Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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