Ma date il caso ch'ei vegga scappar fuori dalla tasca di Mirabeau tonante alla tribuna una pipa al modo degli studenti tedeschi col fiocco rosso nero e oro, allora addio libertà! egli se la batte a fare di bei versi su' begli occhi di Maria Antonietta9».
È vero: Heine era troppo squisitamente poeta, troppo feminilmente nervoso, troppo liricamente mobile: la rigidità e la durezza, il giacobinismo del Börne, del forte e nobile Börne, non gli si affaceva. Ma la imagine della libertà sotto il concime è, me lo perdoni il Börne, un po' brutale. Heine aveva adorato la libertà, ma in visione, come una dama del medio evo, a cavallo, col falcone in pugno, col velo verde ai venti; l'aveva adorata come un'etaira di Atene, passeggiante in tunica succinta, fra i mirti, sotto i platani, in mezzo alle statue bianche dei numi; come, in somma, una Isotta o un'Aspasia, la quale avrebbe gittato a lui fiori e sorrisi ed egli a lei i suoi canti. Quando la vide in sembianza di vivandiera mescer vino e anche rhum per accendere i soldati al combattimento; quando la previde massaia onesta e laboriosa attesa a distribuire a ciascuno la sua parte di lavoro e di pane e anche di companatico, ma senza i crostini dell'ideale impastati di miele e di burro e spalmati d'azzurro, o solamente per le ragazze e i bambini; allora l'apostata romantico rivolse la testa a riguardare le bianche alture onde era sceso la mattina; non le rivide piú; e una lacrima gli tremolò negli occhi, e una irrequietudine nervosa lo possedé poi sempre.
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