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      Diana, la poesia classica:
     
      Da la mezza luna in capoL'una si riconoscea:
      Fiera e bella come statuaS'avanzava la gran dea.
     
      Da la tunica succintaL'anche e il petto uscivan fuore:
      Le baciava della lunaDelle fiaccole il chiarore.
     
      Bianco e gelido qual marmoEra il viso. La severa
      Rigidezza di quei trattiE il pallor terribil era.
     
      Ma ne' vividi occhi neriFieramente divampava
      Un maligno e dolce fuoco,
      Che accecava, divorava.
     
      Abonda, la poesia romantica del medio evo
     
      Vienle al fianco un'altra bella,
      Che ben poco a lei somiglia;
      Ma il candore ha pinto in voltoDella celtica famiglia.
     
      Al dolcissimo sorrisoEd al suon de la gioconda
      Pazza voce io riconobbiDi leggier la fata Abonda.
     
      Avea faccia un po' pienotta,
      Di rossor sempre soffusa;
      E la bocca a cuor, che i bianchiDenti mostra ognor socchiusa.
     
      La leggera azzurra vesteChe portava aprķasi al vento:
      Spalle uguali neanche in sognoD'aver visto mi rammento.
     
      Erodiade, la poesia orientale:
     
      Il suo bianco ardente visoRammentava le contrade
      D'Orļente, le sue vestiLa sultana Scheherezade.
     
      Era il naso un bianco giglio,
      E le labbra melagrane;
      Come palme in mezzo a un'oasi,
      Le sue membra svelte e sane.
     
      Sedea sopra una chinčaBianca, e a' lati uno ed un moro
      Le trottava a pič, reggendoCon la man la briglia d'oro.
     
      Essa, Erodiade, volle la testa di San Giovanni Battista, perché ne era innamorata; e ora
     
      Porta sempre nelle maniIl vassoio con la testa
      Di Giovanni; e di guardarla,
      Di baciarla mai non resta.
     
      Ne la notte s'alza, ed esceAlla caccia, e porta in mano,
      Com'č detto, il capo tronco:
      Che talor (capriccio strano


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Conversazioni critiche
di Giosuč Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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