Saverio Bettinelli, che nella dedicatoria delle Lodi del Petrarca (1787) avea concesso a Milano il vanto di possedere un vero Orazio, introdusse poi in certi Dialoghi d'Amore19 esso il nume, nume allora comune dei filosofi e degli abati, a giudicare, parlando col Petrarca, il poeta milanese cosí: «Un gran poeta talor mi invoca ed onora: ma latino dietro Orazio vuol dirsi per l'asperitŕ e lo sforzo nella lingua e piú pe'l fiero animo catoniano, e poco a te (Petrarca) somiglia.» A cotesto giudizio dell'Amore gesuita uno de' due amici che nel 1801 pubblicarono dieci lettere Della vita e degli scritti di Giuseppe Parini, e propriamente Luigi Bramieri piacentino, primo anche a dare nel 1805 una edizione critica del Giorno secondo l'ultime intenzioni del poeta, opponeva: «L'autor delle odi intitolate Il brindisi, Il piacere e la virtú, Le nozze, non era egli padrone, se ben gli piacea, di portare in tutti i suoi scritti la mollezza e la facile soavitŕ di quei componimenti? Ma egli aspirava ad una gloria maggiore...20»
Il Bramieri ha ragione. Lasciando Il piacere e la virtú all'efimero onore di essere stata una delle tante strimpellate per il matrimonio dell'arciduca Ferdinando con l'ultima Estense; le due piú veramente canzonette, Le nozze e Il brindisi, e le due altre piú tecnicamente odi ma di natura musicali, La vita rustica e L'impostura, meritano di essere un po' studiate in loro stesse e nelle attinenze con l'arte del tempo, per vedere fino a qual punto l'autore si avvicini a' suoi contemporanei o se ne discosti e gli avanzi, o se altri per avventura non avanzi lui, o se egli regga intiero al confronto degli antichi.
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