Anche il Parini, come tutti, salvo l'Alfieri, i nostri poeti del secolo decimottavo, move dall'Arcadia: anzi, si potrebbe fin dire, senza fargliene colpa, che in Arcadia almeno il tacco del pič sinistro ce l'ebbe sempre. Cominciň Ripano Eupilino a ventitre anni (1752) con sonetti e componimenti pastorali, «in tempo - scriveva egli stesso nella prefazione - che era ogni maniera di letteratura al suo colmo venuta.21» Circa trent'anni dopo (1780), mandava, sotto il nome di Darisbo Elidonio, al volume decimo terzo delle Rime degli arcadi, ordinate a raccolta dall'abate Gioachino Pizzi custode generale, quattordici sonetti quasi tutti pastorali, e con questi un'ode Su la libertŕ campestre, che poi egli od altri rititolň La vita rustica22. Cosí nessuna meraviglia che le sue odi per quattro gruppi almeno si ricongiungano a quattro forme liriche che l'Arcadia aveva a preferenza rinnovate, coltivate e lavorate.
Il primo gruppo č a punto delle odi, La vita rustica, La impostura, Le nozze, Il Brindisi. Queste per il motivo idillico e famigliare, per gli argomenti accademici, vezzosi e scherzosi, quasi da conversazione, per le strofe di settenari e ottonari, che nella nostra poesia sono i versi piú antichi e piú popolari a uso del canto, alternate di sdruccioli e di piani e di tronchi, appartengono alla forma lirica piú caratteristica dell'Arcadia, alla lirica mezzana musicale. Non č l'anacreontica, come si ostinarono a chiamarla i trattatisti, se bene qualche volta imiti le imagini delle piccole poesie degli eroti attribuite ad Anacreonte; non č la chanson francese, cantata a coro con l'allegro o entusiastico ritornello, se bene qualche volta possa prenderne gli andamenti.
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