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      e fin che partecipando il mio ardore ella gią muta trovņ pur la favella e inteso il bąttito del cuor mio mi rese il bacio d'amore: allora visse a me l'albero, visse la rosa; a me cantņ l'argentea cascata del fonte; sin la cosa inanimata senti l'eco della mia vita.
      Un movente universo premeva con impulso onnipossente l'angusto mio petto, per prorompere nella vita, in parola e opera, in imagine e suono. Come grande era in formazione cotesto mondo fin che il bocciuolo lo avvolse! come poco fu allo sbocciare, come picciolo e scarso!
      Come slanciavasi alato d'audacia, beato nella illusione del suo sogno, da niuna cura ancora imbrigliato, lo spirito giovanile spinto nella via della vita! Sino alle pił pallide stelle del lontano etere lo inalzava il volo dei propositi: nulla era sķ alto e nulla sķ lontano che l'ale no 'l vi portassero.
      E come di leggeri portato! Che v'era di troppo difficile per lui felice? Come danzava avanti al carro della vita l'aerea compagnia! l'Amore con la sua dolce mercede, la fortuna con la sua corona d'oro, con la sua corona di stelle la Gloria, la Veritą nello splendore del sole!
      Ma ahimč! io non sono anche a mezzo del cammino, e le scorte gią si perderono; rivolsero indietro i passi, e l'un dopo l'altra sparirono. Leggera su' piedi volņ via la Fortuna, la sete del sapere restņ insaziata, il fosco nuvolato del dubbio si distese su la imagine solare della Veritą.
      Io vidi le sante corone della Gloria sconsacrate su fronti volgari. Troppo presto, ahimč!, dopo breve primavera s'involņ il bel tempo d'amore.


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Conversazioni critiche
di Giosuč Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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