Sopra tutto ei non obliaChe sķ fermo il tuo colosso
Nel gran tempio non starķa,
Se, qual base, ognor col dossoNon reggessegli il costante
Verosimile le piante.
«Altri vegga - dice il D'Ancona - se č bello e perspicuo il Verosimile che, qual base, regge col dosso le piante al colosso dell'impostura79.» Bello no; č una rappresentazione barbara e barocca, tra di chiesa del Mille e di pagoda; e perņ figura benissimo, a parer mio, nel culto dell'Impostura.
Belle, cioč vive, di vena, d'un'arguzia civettuola come il soggetto, facenti gl'inchini con le pņse del verso, seguono le strofe che presentano un tipo immortale d'impostura, il medico delle signore.
Con quest'arte Cluvļeno,
Che al bel sesso ora č il piś caroFra i seguaci di Galeno,
Si fa ricco e si fa chiaro;
Ed amar fa, tanto ei vale,
A le belle egre il lor male.
Tal medico oggigiorno mescerebbe dell'oscenitą galante a un po' di socialismo mulso, e il tutto dibattuto in molta prosa vaporosa romantica darebbe a bere come un siroppo di scienza e d'arte. Allora il leggiadro birboncello, il cattivo soggettuzzo, faceva madrigali ed ariette. Era un poetastro, e avea scorciato la pazienza al Parini: era di certo un poetastro, me lo assicura Giovenale:
..... facit indignatio versumQualemcumque potest, quales ego vel Cluvienus80.
Peccato che il poeta escludesse o lasciasse escludere dall'edizione del '91 le due strofe che seguono nei manoscritti:
Ei non come i pari suoiPompa fa di lingua argiva,
Ma vezzoso i mali tuoiChiama un'aura convulsiva,
E la febbre ch'ei nutrica
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