La sua possanza ah di qual ben fu madre!
Sacri nomi s'udir di sposo e padre;
Ministro di virtú fèssi il piacere;
Saggio divenne amor, dolce dovere;
Nacquer leggi, cittadi, arti leggiadre.
Fu di famiglia pria quel che fu poiAmor di patria; ché ad amar s'apprese
Ne' suoi sé stesso e ne la patria i suoi.
S'eternàr chiari nomi, avite imprese;
Virtú scambiârsi, e s'innestaro eroi.
Sposa, Imene a tal fin sue faci accese87.
Anche l'ex-gesuita Clemente Bondi, quando la rivoluzione ebbe reso alla vita un po' piú di serietà, cantò, diciamo oramai cosí anche noi per tacita convenzione, il matrimonio in dodici sonetti, se non cristiani, come a lui prete saría stato bene, almeno morali. Ecco un saggio:
Coppia gentil, che ai pronubi misteriT'accosti a piè degli invocati altari,
Dal sacro laccio a cui la man prepariSai cosa il cielo e la tua patria speri?
Sposa, da te sensi d'onor severiE custodia ed amor dei casti lari:
Da te, signor, che a sostenere impariDi padre e cittadin cure e pensieri:
E d'ambedue, di gentilezza avitaE di pietà religïosi esempi,
E prole poi, che di virtú nutrita
Del moribondo secolo ristoriGli acerbi danni, e de' futuri tempi
I rei costumi ed il destin migliori88.
Ah sí, padre Clemente? Bisognava pensarci un po' prima, in scambio di scriver tanti sonetti su la cagnolina d'Amarilli, su Nice salassata, su Nice elettrizzata, su Nice che tira a' pipistrelli, e anacreontiche su la... giacché non siamo gesuiti, diciamo diarrea.
Troppi ne scrisse il Frugoni, e senza mai affettazione di filosofemi o di moralità: a lui piaceva la mitologia decoramentale: ma fra i troppi ne ha di anche piacenti per impasto almeno di colori e di suoni.
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