Tant'č vero che nella poesia - s'intende, d'arte individuale - , dopo la barbarie scolastica del medio evo, la percezione del vero e la concezione del fantastico non fu né spontanea né facile né sincera. A noi moderni poi, dopo l'oscurazione dell'ingegno italiano nell'abiettamento degli ultimi tre secoli, bisogna con la profonda meditazione e con la perseverante osservazione levar via le scaglie agli occhi dell'anima contemplante, e gli sbozzi dei fantasmi ci bisogna con la paziente industria dell'arte rassettarli dalle storture e rinettarli dalla scoria che han dovuto pigliare passando per i canali del nostro sentimento, nei quali permeň con l'atavismo la falsitŕ di tante generazioni. Non ci aduliamo, cari compatrioti e coetanei; noi siamo nati brutti, bugiardi e infelici. E l'ispirazione č una delle tante ciarlatanerie che siamo costretti ad ammettere o subire per abitudine.
La prima strofe dunque nella prima redazione diceva cosí:
Č pur dolce in su i prim'anniDe la calda giovinezza
Lo sposare una bellezza,
Onde Amor giŕ ne ferí.
In quel dí gli antichi affanniCi ritornano al pensiere:
Ed accrescesi il godereDa la doglia che finí.
Inutile avvertire quanto non pur d'agilitŕ e d'eleganza ma di veritŕ nell'espressione abbiano acquistato dall'emendamento gli ultimi due versi: doglia in quella posizione e con quell'accompagnamento era senz'altro un'improprietŕ: vano e contraddittorio in termini accrescesi il godere da la doglia: increscioso per lo meno l'aggiunto di antichi agli affanni d'un amore oramai beato.
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Amor
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