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      Nei versi secondo e terzo quella giovinezza e quella bellezza erano coi loro doppi zeta due veri macigni; ed era proprio una smanceria d'astratto spropositato, da arcade di terzo o quarto grado, lo sposare una bellezza onde amor già ne ferí.
      Della seconda strofe i primi quattro versi non ebbero mutamenti: s'intende: contengono non una rappresentazione ma una osservazione còlta e resa con sentimento istantaneo. I quattro versi di poi sonavano da prima cosí:
     
      Quando riede a la mattinaCon la luce avventurosa;
      Il bel volto de la sposaSi comincia a contemplar.
     
      Tiriamo via su la convenzionale ridondanza del sole che riede a la mattina con la luce avventurosa, ma quel contemplar!
      Anche della terza il primo periodo restò immutato: il secondo diceva,
     
      E, contrario al suo costume,
      Il bel crine andar neglettoA velarle il giovin petto
      Ch'or discende or alto sal.
     
      Inutile notare la pesantezza, la sgarbatezza, forse la scorrettezza di quel contrario al suo costume: inutile notare quanto di verità e determinatezza abbia acquistato la rappresentazione dallo scorrer libero e negletto: ma forse che a velarle per la unità dell'impressione era meglio che e velarle.
      Nella quarta un limpido madore era sparso, assai men bene dello splender. Ma il verso quinto e il sesto dicevano,
     
      Come rose al guardo ignote,
      Ove appar minuta e radaLa freschissima rugiada, ecc.
     
      dove io, passando sopra quell'al guardo ignote, mi fermerei volentieri a vagheggiare Ore appar minuta e rada: mi sembra piú vera la raffigurazione, piú logica la correlazione di tempo, che fu guasta dalla correzione; nella quale il cada e il distillò si urtano fra loro, o, meglio, si allontanano troppo l'uno dall'altro.


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Conversazioni critiche
di Giosuè Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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