Dissi l'altra volta due essere gli amminicoli o gli ingredienti della poesia nuziale arcadica: la lascivia e l'adulazione. Il Parini riuscķ a trasmutare i luoghi comuni della lascivia nella viva rappresentazione di legittime gioie; non riuscķ a trasmutare, come pur volle, l'adulazione in civile moralitą.
All'ode Le Nozze dopo le prime cinque strofe cascano le ale; o, meglio, ella trascina i frasconi per anche tre; una sola bella, questa:
Ma oimč come fugaceSe ne va l'etą piś fresca,
E con lei quel che ne adescaFior sķ tenero e gentil!
Come presto a quel che piaceL'uso toglie il pregio e il vanto,
E dileguasi l'incantoDe la voglia giovanil!
Se bene non a tutti gli orecchi arriverą proprissimo quell'incanto della voglia giovanil; che anche peggio sonava nella prima lezione, E dilegua con l'incanto De la voglia giovanil! Cotesto ammonimento, del resto, cotesto alto lą alla gioventś, a me pare un contrasto non pur morale, ma poetico, di assai effetto. Altro ne pareva a un de' due autori delle Lettere su la vita e gli scritti del Parini, all'avv. Bramieri; delle cui parole mi piace riferire, per una mostra di quanto sia antica abitudine ai critici italiani, o che lodino uno di scriver bene, o che biasimino un'altro di scriver male, lo scrivere sempre pessimamente loro. «Era egli codesto il momento di turbare le delizie dello sposo, di ammorzare il sķ dolce entusiasmo e il senso della somma sua felicitą, con una riflessione crudele sulla caducitą della bellezza, sulla brevitą della gioventś e sui tristi effetti della abitudine?
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