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      Di scolii uno ce ne avanza, male attribuito ad Anacreonte, tutto ancor fresco e brioso:
     
      O regina de le dive, Cipride; o Amore, forza de gli uomini; o Imene, custode della vita; voi chiamo con la parola, voi ne' canti onoro, Amore, Imeneo, Cipride. Guarda, o giovine, guarda la novizza: sta' su, ché non ti sfugga la caccia della pernice.
      Stratocle diletto di Citerea, Stratocle marito di Mirilla, mira la cara moglie, adorna, fiorente, splendida. La rosa č regina dei fiori, rosa tra le fanciulle Mirilla. Il sole t'illumini il talamo: ti cresca nel giardino un cipresso103. #/
     
      Degli epitalamii propriamente cantati non ne avanza. Teocrito, o chi altri nell'etŕ alessandrina, rifece l'epitalamio di Elena; e, o che parte lo deducesse dalle antiche epopee o che parte vi raccogliesse degli spiriti dalla vita ancor poetica del popolo, fe' cosa, pur negli atteggiamenti studiati dall'arte, graziosamente ingenua. Sono dodici fanciulle di Sparta, che, col giacinto alle chiome, in casa il biondo Menelao, intrecciano carole cantando Imeneo dinanzi al talamo di fresco dipinto della Tindaride e del piú giovine Atride. Le fanciulle cominciano giovanilmente scherzose. (Riferisco dalla versione del Salvini, che, dove non falla per difetto del testo seguíto, č delle men peggio). - Dovevi - dicono allo sposo -
     
      ..... dovevi tu per tempo.
      Tu che mestier n'avevi, andare a letto,
      E lasciar poi che colle sue compagnePresso alla cara madre in festa e in giuoco
      Si stčsse la figliuola infino a giorno;
      Poi che ce n'era ancor per la dimane


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Conversazioni critiche
di Giosuč Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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