Č chiamata: il pudore la ritiene: le sollecitazioni si rinnovano di momento in momento, solo interrotte dalle lodi della bellezza di lei e dalle promesse della felicitą che l'attende sicura.
Aprite i battenti della porta. Vergine, fatti avanti. Vedi come le fiaccole agitano le luminose chiome? Un bel pudore la ritiene... E pure ubbidendo piange che le bisogni andare.
Lascia di piangere. Non per te, Aurunculcia, c'č pericolo che sposa mai pił bella abbia veduto spuntar dall'Oceano la luce della dimane.
Tale nel giardino di ricco signore si leva tra gli altri il fior di giacinto. Ma troppo tu indugi. Il giorno se ne va. Esci, o sposa novella.
Esci, o nuova sposa, se ti par ora; e ascolta le nostre parole. Vedi? le faci agitano le chiome d'oro. Esci, sposa novella.
Non sarą mai che l'uom tuo pieghi a tristi amori di adultera, e in cerca di vergognosi piaceri voglia colcarsi lontano dalle tue tenere mammelle;
chč anzi, come lenta allacciasi la vite agli alberi vicini, cosģ egli si allaccerą nel tuo abbracciamento. Ma il giorno se ne va: esci, o sposa novella.
Alla porta i cinque fanciulli pretestati scuotono le cinque faci di spino (rimembranze della primitiva povertą agreste), accese a Giove, a Giunone, a Venere, a Diana Lucina, alla Persuasione. Ed ecco dal fondo bianco dell'atrio rosseggia il velo della sposa.
Alzate, o fanciulli, le fiaccole. Io veggo il flammeo apparire.
Andate, cantate in cadenza: o Imen Imeneo viva,
o Imen Imeneo.
I pretestati si muovono con in mezzo la sposa; innanzi, l'impubere, il Camillo, che reca in un vaso coperto gli utensili muliebri; dietro un altro fanciullo con la conocchia avvolta di stame ed il fuso: di poi, la lunga schiera dei parenti.
| |
Aurunculcia Oceano Giove Giunone Venere Diana Lucina Persuasione Imen Imeneo Imeneo Camillo
|