Tacito, immoto, con le luci in pianto
Non sono gran che, ma pure il pensiero ricorre ai versi dei Sepolcri che rappresentano l'Alfieri, e alla figura dell'Alceo nell'inno alla nave delle muse.
Finalmente il 4 gennaio del 1797 fu nel Sant'Angelo recitato, e per nove sere ripetuto con irruzione che formar potrebbe epoca (cosí si scriveva allora l'italiano in Venezia), il Tieste. E il diciottenne tragedo aveva anche in pronto un Edipo, recitabile (attesta egli nell'indice), ma da non istamparsi; e meditava Focione e i Gracchi.
Del Tieste né si puň né si deve discorrere qui. E giŕ troppo ci siamo indugiati intorno a poveri versi immaturi d'un poeta insigne. La colpa č del Chiarini, che, avendoli al fine tutti raccolti e industriosamente illustrati, ci ha alléttato a ricercarli con qualche curiositŕ, non per rifiutare e né meno per correggere il giusto giudizio datone da lui, sí, ripetiamo, per trovarci indizi dei sentimenti del tempo e trarne induzioni e divinazioni sul poeta futuro. Ma i veneziani coetanei di Carlo Gozzi del Baffo e del Gratarol riguardavano allora non senza stupore quello strano giovinetto greco di pelo rosso, che recitava Dante con rauca voce sepolcrale e componeva de' poemi su Robespierre e delle tragedie su Tieste. Un Eduardo Samueli gli diceva:
Quand'io ti vidi rabbuffati i criniCon rauca voce e fiammeggianti sguardi
Cantar in suon feroce i sacri ond'ardiDel tuo padre Alighier carmi divini;
e, accennato alla cantica e alla tragedia, conchiudeva:
Cingi, o Italia, gridai, le fulve chiome
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