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      Gli atti sono cinque: è ammesso il prologo e talvolta l'epicarma, cioè il congedo gratulatorio: non devono mancare i cori, di pastori, di cacciatori, di ninfe; coro parlante, che piglia parte alla commozione della favola; coro cantante, fra atto e atto, non tanto le moralità, quanto le impressioni che da quella vengono.
      Tale fu nella sua giovanil perfezione la favola pastorale o boschereccia: alla quale anche, per un di piú non importuno, acquistavan grazia e interesse, almeno nelle prime recite, le allusioni alle costumanze e alle idee, alle persone ed ai fatti del giorno e della corte.
     
      III
     
      Dramma pastorale, come questo nostro del Cinquecento, si può tenere per fermo che i greci non lo immaginarono mai. Dei Bifolchi di Cratino rimane solo il titolo; e la fantasia rifugge dal cercare l'Arcadia nella vecchia commedia attica. Lo stesso è a dire dell'altra di Menandro, Il figlio supposto o il contadino: niente ne resta, e niente autorizza a credere fosse diversa dalle solite favole della commedia nuova, a inviluppo e riconoscimento finale. Il dramma satirico, nel quale a parte dell'azione eroica entravano cantando i satiri con Bacco (solo e bellissimo avanzatone il Ciclope di Euripide), era mitologico; e il Dafni e Lietersa del tragico della pleiade alessandrina Sòsiteo non sappiam bene che fosse. Contesero nel secolo decimosesto Francesco Patrizi e Jacopo Mazzoni, se tragedia o ecloga; ne scrissero e riscrissero, senza fermar nulla:(3) la critica moderna pare si accordi a tenerlo per un dramma satirico come il Ciclope, tendente ad avvicinarsi, concedono alcuni, alle composizioni mimiche e bucoliche dei Dorii di Sicilia, senza designare particolarmente gl'idilli teocritei.


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Su l'Aminta di Torquato Tasso
Saggi tre
di Giosuè Carducci
Sansoni Firenze
1896 pagine 129

   





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