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      Tutte elegantissime, come le spaccia il frontespizio, quelle ecloghe non sono: son tutte in terzine, che l'Arsocchi varia di rime piane e di sdrucciole, e il Boninsegni anche v'intromette delle strofe a rime ripercosse. Dall'Arno al Po, con quella emulazione che era nel gentil lavoro letterario tra la corte medicea e l'estense, importò il nuovo genere poetico Matteo Maria Boiardo. Delle dieci ecloghe italiane di lui quattro sono scritte di certo nel 1482, come quelle che hanno argomento dalla guerra veneziana contro Ercole I duca di Ferrara e dal soccorso d'Alfonso aragonese al cognato: ma le altre, di contrasti e di amori pastorali, niente vieta recarle piú a dietro, al 1470 o poco dopo, che fu al conte scandianese anche il tempo dei tre libri degli amori: allora il Boiardo aveva finita la bucolica latina, e si provò alla volgare, riescendo con la sua cordiale bravura. Le corde della battaglia e della politica, come la zampogna e il flauto della campagna e degli amori, ei tócca e ispira egualmente bene, con piú eguaglianza che non il Boccaccio: primo a introdurre nella terzina dell'ecloga la rima sdrucciola del dialogo, secondo a dedurre nel canto pastorale la rima al mezzo della frottola. Al Boiardo si accompagnano nell'Emilia due altri gentiluomini rimatori, Niccolò da Correggio con la Semidea in terzine piane e Gualtiero Sanvitale con la Florida in sdrucciole;(10) a Ferrara, Antonio Tebaldeo.
      Composto in quel torno, sta da sé, anche per la squisitezza della composizione, il Corinto di Lorenzo de' Medici, vera ecloga classica.


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Su l'Aminta di Torquato Tasso
Saggi tre
di Giosuè Carducci
Sansoni Firenze
1896 pagine 129

   





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