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      Ma la terzina sdrucciola è, come già notai, di Luca Pulci morto prima del 1470 e del Boiardo che scriveva al piú tardi nel 1482; e il polimetro fu già di Giusto de' Conti, non che del Boiardo stesso e dell'Arsocchi e Fiorini, che davano a stampa nell'81, e il secondo visse a Napoli assai. Il che non scema al Sannazzaro la lode di qualche novità, per aver saputo acconciare alla bucolica classica, dedotta puramente da Virgilio, la rima al mezzo popolare delle frottole napolitane, dei Gliommeri e delle farse cavaiole. Non gli scema la lode di aver fatto meglio di tutti; d'aver dato, massime nella prima seconda e decima, il piú bell'esempio, piú vivamente e drammaticamente mosso, dell'ecloga, accenno quasi divinatorio al dramma pastorale. E piú altre e maggiori sono le lodi dovute in generale a cotest'opera, che fu delle piú significative ed efficaci, se non delle piú originali, del Rinascimento.(11) Non piú allegorie: il moderno poeta avviasi veramente all'antica Arcadia, se non a quella storica di Polibio, una repubblica quasi elvetica, ov'era la vita laboriosa e dura nei campi, e l'ideale severità del costume portava l'educazione mista degli adolescenti e delle vergini al canto degli inni accompagnanti i sacrifici di Bacco, a quella almeno virgiliana – soli cantare periti Arcades
     
      (Atque utinam ex vobis unus vestrique fuissemAut custos gregis aut maturae vinitor uvae!),
     
      quella che poi divenne un paese, in cui piú che di lavorare la gente si occupava di fare all'amore cogliendo fioretti, Cuccagna magra e Bengodi esangue della decadenza.


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Su l'Aminta di Torquato Tasso
Saggi tre
di Giosuè Carducci
Sansoni Firenze
1896 pagine 129

   





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