(34) Essa č in terza e ottava rima, con una canzonetta in fine: ha un'azione semplicissima – un pastore, stanco di vivere a' campi, delibera di andare a corte: ne č distolto da' consigli di amici d'egual condizione. – Piú dialogo in somma che azione, proprio come le altre ecloghe: se non che il contenuto non č amatorio ma morale; come, del resto, nell'ecloga di giustizia. Ma l'avere un autor di romanzi introdotto la rappresentazione d'un'ecloga nella materia de' paladini attesta, se pur ce ne fosse bisogno, la celebritŕ di moda a che era venuta cotesta nuova forma ibrida.
VI
Di lingua comune e di piú comune argomento č un'ecloga pastorale di Flavia (1528);(35) nella quale Fileno e Silverio discorrono in terzine sdrucciole dell'amore e dolore del primo per una ninfa lontana. Silvano conforta con la speranza del ritorno l'amico, il quale, rimasto solo, prima si duole in ottava rima e poi esprime a lungo in terzine piane il proposito di uccidersi; ed č per recarlo ad effetto, quando Flavia, la ninfa, sopravviene e lo ferma; e tutto finisce, al solito, con una canzonetta. Di tale ecloga, sí per la lingua comune e sí per il motivo del suicidio, faccio capo a questa serie, dove allogo due famose e molto piú sviluppate composizioni napolitane: la Cecaria di Marco Antonio Epicuro de' Marsi e i Due pellegrini di Luigi Tansillo.
Popolare per tutto il Cinquecento, la composizione del Marsi intitolata poi pomposamente tragicommedia e in questi ultimi anni arbitrariamente ed erroneamente dramma pastorale,(36) nelle prime stampe fu detta semplicemente «Dialogo di tre ciechi». Alla Cecaria séguita in esse stampe con titolo nuovo la Luminaria; ma č, come chi dicesse, una sola invenzione in due atti.
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