Entra un cieco disperato per amore pregando la sua guida di lasciare ch'e' si precipiti in qualche dirupo. Sopraggiungono, con grandi guai, un secondo fattosi cieco per gelosia, e, dando di cozzo al secondo, un terzo, divenuto cieco per aver fissato il sole della sua donna. Nel comune dolore si affratellano, e raccontano e descrivono a vicenda la prima cagione del loro male e le bellezze delle donne amate. Le descrizioni sono lunghe e minute, con immagini lontanamente strane: nella fantasia dell'ultimo cieco la donna amata assume le forme d'un tempio. Il dialogo č in terze rime: le descrizioni e i racconti o in ottave o in tirate di endecasillabi con la rima ripercossa al mezzo o liberamente mescolati di settenari. Dopo raccontato e descritto a líbito, i tre deliberano di morire; e cantandosi l'esequie nel detto metro misto, dietro le guide piangenti, s'avviano a comporsi tutti insieme nella sepoltura. Si avvengono per lor ventura in un sacerdote d'Amore, che li conduce al tempio dello iddio. Al cui responso, interpretato dal sacerdote, i ciechi tornano alle amate donne, dalle quali hanno la luce degli occhi e la mercé del cuore, con la solita ricchezza di metri e rime. Ma tutto questo che ha a fare con la favola pastorale? Vi rispondono che nella poesia pastorale non č mica bisogno ci siano pastori e che il sacerdote d'Amore puň essere un satiro. Io dirň che gli endecasillabi e settenari misti furono poi la verseggiatura prediletta delle pastorali, e che questa Cecaria č un'ecloga urbana forse recitata da prima a qualche festa magnatizia.
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Amore Amore Cecaria
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