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      ... Le Muse, siccome sul tronco ditirambico innestarono la tragedia e sul fallico la commedia, cosí nel fertilissimo lor giardino piantaron l'ecloga picciolissima verga, e n'è poi nata la pastorale nobilissima pianta».(58) Ma con queste parole il poeta fattosi critico non accenna mica all'ecloga del Quattrocento e Cinquecento italiano. Dall'infanzia l'ecloga era uscita, e come!, con Teocrito; e il raffronto del tronco ditirambico e del fallico rimena diritto all'antichità, e non alle smorfie dei sannazzariani, né alle villanie delle rusticali toscane, né alle ampolle delle urbane napoletane, né alle inezie venezievoli, né alle sconcezze lombarde. Lo afferma incontrovertibilmente esso Guarini: «La favola pastorale, avvegna che in quanto alle persone introdotte riconosca la sua primiera origine E DALL'ECLOGA E DALLA SATIRA DEGLI ANTICHI, niente di meno, in quanto alla forma e all'ordine, si può chiamar poema moderno, essendo che non si truovi appresso l'antichità di cotal favola alcun esempio greco o latino». E súbito dopo, senza lasciar appiglio a incertezze e dubbi, dell'opera di Agostino Beccari parla, ordinatamente e per disteso, cosí:
     
      Il primo de' moderni che felicemente ardisse di farlo fu Agostino Beccari, onorato cittadino della mia patria; il quale, avendo veduto, e ciò con molto giudizio, che l'ecloga non è altro che un breve ragionamento di due pastori, in niun'altra cosa differente da quella scena che i latini chiaman diverbio, se non nell'essere unica, independente, col principio e fine in sé stessa; e considerando che Teocrito, uscendo dell'ordinario numero di coloro che parlano in cosí fatti componimenti, una ne fece [le Pompe di Adone] non sol di molti interlocutori, ma di soggetto piú drammatico dell'usato e di lunghezza piú dell'altre notabile; s'avvisò di potere con molta lode occupare questo luogo da penna greca o latina non ancor tócco, e regolando molti pastorali ragionamenti sotto una forma di drammatica favola, e distinguendola in atti col suo principio mezzo e fine sufficiente, col suo nodo, col suo rivolgimento, col suo decoro e con l'altre necessarie parti, ne fe' nascere una commedia, se non in quanto le persone introdotte sono pastori: e per questo la chiamò favola pastorale.


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Su l'Aminta di Torquato Tasso
Saggi tre
di Giosuè Carducci
Sansoni Firenze
1896 pagine 129

   





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