Intiera dunque la favola doveva constare di cinque parti, come di cinque atti constarono poi quelle del Beccari, di Torquato Tasso e del Guarini. Amore fa il prologo, proprio come poi nell'Aminta. L'argomento, per quanto puň raccapezzarsene, era questo: Una ninfa ama un pastore, č amata da un altro, amato a sua volta da altra ninfa non amata: per agnizione di consanguineitŕ, la prima ninfa č lasciata sposa al primo pastore, e il secondo pastore si volge alla seconda ninfa. Il dialogo č tutto in endecasillabi ben sostenuti, se non quanto sono rotti opportunamente a suo luogo in servigio del dialogo; lo stile č quel nobile del Giraldi, se non quanto č temperato di eleganza quasi alcuna volta comica, con isciolto andare, un che di mezzo tra l'Egle e l'Aminta.(60)
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Trovati e fermati in Ferrara i tre veri primi ferraresi esemplari alla perfetta favola pastorale che č per venire, torno piú sicuro a divagare ancora un poco tra casi dubbi e singolari di precedenze, di somiglianze, d'imitazioni, non senza importanza nella storia d'una produzione letteraria cosí complessa.
I lettori ricorderanno la Cecaria e l'autor suo Marc'Antonio Epicuro de' Marsi. Egli morí ottuagenario in Napoli nel 1555; ma un dieci anni prima(61) avrebbe composto una Mirzia, intitolata «favola boscareccia» in un manoscritto del secolo decimosesto scadente, dalla biblioteca dei duchi d'Urbino passato all'Alessandrina di Roma.(62) La favola č tale. La scena a vista del golfo di Napoli. Trebazio pastore, amante non corrisposto della ninfa Mirzia, entra lagnandosi e s'addormenta in una capanna.
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