Viene Filerio altro pastore facendo una dichiarazione alla ninfa Venalia, ed č respinto. Sopravviene a consolarlo Ottimio pastore anch'egli: móntano tutt'e due sur un albero e di lassś vedono non veduti i giuochi delle ninfe, tra le quali Mirzia e Venalia, presiedute da Diana: Ottimio s'innamora nientemeno che della dea. Le ninfe se ne vanno; i due discendono; Trebazio si desta e grida l'amor suo; poi tutt'e tre s'accordano a descrivere in versi le bellezze amate. Dopo di che Filerio dą a Trebazio un velo che Mirzia ha lasciato sul terreno: certamente la ninfa tornerą per esso. L'appendono ad un albero; e poi tutt'e tre s'appiattano. Viene Mirzia e sale su l'albero per istaccare il velo: Trebazio l'assedia, ma alle lusinghe di lei si trae in disparte, perché discenda sicura; discesa, essa lo spinge nelle acque d'un fonte, e se ne va. I disperati amanti vanno anch'essi all'antro e all'oracolo della Sibilla: la quale risponde; a Filerio, che Imene lo consolerą; a Ottimio, che mutando forma avrą Diana; a Trebazio, che fuggendo sarą seguito. Dopo discussioni sul responso, Filerio e Ottimio si allontanano: a Trebazio rimasto solo col suo dolore soccorre Mirzia, che alla sua volta chiede mercé: Trebazio ora sdegnato la respinge; ella per dolore č conversa in mirto. Ed ecco Ottimio con un buon satiro che lo vien confortando, ma impazza e a poco a poco diventa fontana: Diana verrą a bagnarsi in quelle acque, e cosķ egli l'avrą. Torna Trebazio, e sedutosi all'ombra d'un mirto, mentre ne svelle un ramo per farsene riparo e dormire, ode uscirne la voce di Mirzia lamentevole.
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