I tre pastori, Tindaro, Ruffo, Alpardo, e le tre ninfe, Fileria, Augusta, Alessandra, rappresentano la parte idillica, ma non tutta gentilesca, come anche i nomi dimostrano. Basso comico č il villano, che, innamorato d'una delle ninfe, viene, anticipato monsieur Jourdain, a cercare chi gl'insegni far all'amore cortigianescamente e ben parlare: egli parla sempre il rustico piemontese e in versi corti d'otto o nove sillabe. Trova un cortigiano che se gli presta, e ne seguono molte beffe; sin che i pastori uscendo tutti con un lor bastone e dicendo non piú in versi (la rappresentazione si fa mimica) – Doh, villan poltrone, tu se' tornato – gli dŕnno molte bastonate. E cosí finisce il terzo atto. Al quarto viene in scena l'elemento fantastico: un uom selvaggio, che non parla, ma ferocemente passeggia su e giú col bastone in spalla, e poi va a colcarsi sotto un albero; levatosi a un rumore di fronde dalla foresta vicina scopre le due ninfe Fileria ed Augusta, e piglia Fileria e la lega a un tronco d'albero flagellandola tuttavia con de' vimini. In questo mezzo i tre pastori erano andati al tempio d'Amore per impetrare mercé a' loro travagli; e tanto fervorosamente pregano che riescono a svegliare lo Sdegno, il quale pari d'Amore siede accanto a lui nel tempio suo stesso. Augusta li raggiunge, e conta il caso di Fileria. I pastori corrono ad affrontare il selvaggio: Ruffo e Alpardo sono uccisi: Tindaro da prima fugge, ma tosto ripreso animo torna all'assalto. Mentre da una parte dura la zuffa, dall'altra sopraggiunge Alessandra e scioglie Fileria; e via.
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