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      È una propria e mediocre commedia, e ha delle commedie del tempo il ridicolo grossolano: i pastor minori, litiganti fra loro od ubriachi, sono veri servi plautini: i maggiori per altro parlano ornatamente con reminiscenze virgiliane e come la cultura di messer Alberto Lollio portava. Oratore gravissimo ed elegantissimo, il Lollio non era, per ciò a punto, poeta. Aretusa, non che annunziare Silvia ed Aminta, è un passo indietro, con ritorno, si direbbe, salvo la correzione della lingua e del verso sciolto, al Casalio e compagni.
      Tra le note caratteristiche della favola pastorale fu anche recata questa, dell'essere e dover essere l'opposto della commedia a soggetto o dell'arte. La commedia a soggetto, fu detto, era il pascolo della plebe: il dramma pastorale fu il trattenimento delle corti, le quali vi trovavano un linguaggio piú castigato e vaghe moralità senz'obbligo d'applicazione pratica; onde, a mano a mano, che la commedia piú diveniva licenziosa e plebea, piú il dramma pastorale prendeva aria cortigiana e la raffinatezza degna delle principesse spettatrici.(68) Tutto ciò è detto molto bene, e par proprio il vero, ma non è. Il vero è che l'Aminta a suo tempo fu recitata piú volte da commedianti dell'arte; e prima dell'Aminta Alberto Lollio lasciò anche uno scenario, un abbozzo in prosa, di pastorale a uso commedia a soggetto, La Galatea.(69) La favola è press'a poco quella dell'Aretusa rivoltata e duplicata: qui la migrazione è dall'Arcadia a Napoli, e poi c'è il ritorno d'una doppia famiglia in piú volte, con mutati nomi e riconoscimenti.


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Su l'Aminta di Torquato Tasso
Saggi tre
di Giosuè Carducci
Sansoni Firenze
1896 pagine 129

   





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