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      Dalla parte d'inanzi si distende nel fiume come in un becco, dove s'entra con scaglioni fatti per salirvi: la parte di dietro è piú larga e quasi tirata in mezzo cerchio, la quale divide l'acqua del fiume in due parti, dalle quali come da due braccia è tutta cinta e bagnata. Questa isoletta, piantata d'alberi d'ogni sorte e nostrali e stranieri, chiamava egli Belvedere; e l'aveva anco tutta piena d'animali di quattro piedi e d'uccelli fatti venire d'ogni parte, cosí del nostro paese come del forestiero, per trarne onesto piacere.(77)
     
      Lo celebrarono i poeti: Scipione Balbi del Finale, un di que' tanti verseggiatori latini che allora ogni angolo d'Italia produceva,
     
      comeVermene germogliar suole e rampolli,
     
      ma come rampolli anche senza frutto seccavano presto, descriveva intera l'isoletta, fontane, boschetti, animali, palazzo, cappella, bagni, ròcche, atrio, cancellate:(78) piú noto, se non piú letto oggimai, Giulio Cesare Bordoni o vero Scaligero, in altro poemetto latino su la genealogia estense, l'annunziava in Elisio come futura opera del primo Alfonso.(79) Debole eco scolastica di troppo maggior poesia: perocché la memoria di Belvedere era già stata commessa a miglior tromba, quando messer Ludovico a Rinaldo navigante su per l'epico fiume faceva da Malagigi vaticinare
     
      Che settecento volte che si siaGirata co 'l monton la quarta sfera
      Questa la piú gioconda isola fiaDi quante cinga mar stagno o riviera,
      Sí che, veduta lei, non sarà ch'odaDar piú alla patria di Nausicaa loda.
      Udí che di bei tetti posta innante


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Su l'Aminta di Torquato Tasso
Saggi tre
di Giosuè Carducci
Sansoni Firenze
1896 pagine 129

   





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