), un discorsetto in cui piú erano le smorfie e i complimenti al nobile avversario che le ragioni; ma questa la scusa «Tanto potei recitare in un quarto d'ora prescrittomi, senza aver prima osservato le censure dell'eruditissimo competitore». Tali i costumi delle accademie. Ragionevole era la difesa del coro fatta dal padre maestro contro il retore feudale: «Troppo scrupoloso ei non approva che il coro, proprio all'azione tragica, sia frammesso in una comica, perché le azioni de' privati, non in presenza del pubblico, né anche giustamente possono esser fatte note e pubblicate dal coro ma, siccome Aminta e Silvia riferiscono l'origine loro agli dèi, certo la plebe de' pastori poteva interessarsi delle cose loro». Piú curiosa la caratteristica di Silvia, ma bisogna leggerla nel proprio latino: «Puellam egregie rusticam, flecti haud facilem, nunc pudore suffusam, nunc metu tremulam, nunc ira fervidam, nunc amore iucundam, affectu blandam, odio blandiorem, moribus mollem, cum personis ancipitem, ad tempus rigidam, pro locis cautam exhibet Sylvia».(111)
A qualche cosa riuscirono le scioccherie del duca: diedero occasione a un libro, L'Aminta difeso e illustrato da Giusto Fontanini (1700).(112) Era il Fontanini un monsignor friulano, conscienziosamente pedante, stizzosamente orgoglioso, piú d'una volta, per partito preso, bugiardo; e diede poi noia al Muratori e ad Apostolo Zeno: qui è pesante, ma innocente: parla di tutte le cose e di qualche altra ancora; ma chi la sappia leggere, con riguardo al modo onde quei vecchi trattavano la cosí detta critica letteraria, alcun che di buono per la storia del dramma e della poesia del Tasso può ripescarne.
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