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      Si pensa – Voi siete culto, io son culto: dunque dobbiamo sentire cosí. – Provatevi oggigiorno a incontrarvi in una citazione con un professore estetico o un critico storico che creda d'averla trovata prima lui: è il caso d'una guerra civile. Allora la critica si faceva anche da' poeti: questa del Monti, per esempio, è critica storica, ma in elegantissimi versi:
     
      Amor piú che le Muse
      A Torquato dettò questo gentileAscrèo lavoro; e infino allor piú dolce
      Linguaggio non avea posto quel dioSu mortal labbro, benché assai di Grecia
      Erudito l'avessero i maestriE quel di Siracusa e l'infelice
      Esul di Ponto.
     
      Degli ultimi, anzi forse l'ultimo tra gli scrittori nostri che van per la maggiore, a giudicare l'Aminta, fu, chi lo crederebbe?, il Gioberti: retto e corretto, ma non con piú spirito che un professore di retorica buona: era, pare, tuttavia giovane, e non lanciava ancora le formole.
     
      L'Aminta è certamente un capolavoro per la parte dello stile; anche come opera drammatica è bellissimo, e ridente di una schiettezza e di una venustà tutta greca: non di meno ha molti difetti, per quell'abuso d'ingegno e di spirito con cui il Tasso corruppe i rari pregi di tutte le sue opere e da cui no 'l fece declinare né la maestà dell'epopea né la semplicità del genere pastorale. Gli atteggiamenti gl'incidenti piú vaghi e piú patetici sono guastati da questo vizio nell'Aminta come nella Gerusalemme, onde non può piú quel dramma essere chiamato perfettissimo, come fa il Serassi, di quello che possa esserlo questo poema.


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Su l'Aminta di Torquato Tasso
Saggi tre
di Giosuè Carducci
Sansoni Firenze
1896 pagine 129

   





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