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      Con perpetua onestate; e indarno Amore
      Scoccherŕ sempre in noi le sue quadrella,
      Perché sicure siam ch'egli non vinceQuelle che vinte esser non voglion.
      Dia. QuestoVostro fermo proposto di onestade
      Di castitŕ perpetua cosí careMi farŕ sempre avervi, che contente
      Vi rimarrete di essermi compagne.
      Ora entriamo nel bosco, a mover guerraA damme a capri e a cinghiali e a cervi;
      E stiasi Irinda nel lascivo fuocoChe la rode e consuma a nervo a nervo.
     
      IRINDA: GAIA MADRE DI VIASTE.
      Oimč, come mi son io dipartita
      Da lo stuol di Dďana, come lassaEntrata son ne l'amorosa greggia?
      Mentre che stata son colla mia....
      Fra l'altre ninfe e non [ho] avuto in coreFiamma d'amor, cosí tranquilla vita
      Ho vissa, che giamai doglia né affannoM'ingombrň il petto: ma, poi che mi accese
      Questo crudel arcier con gli suoi strali,
      Io non ho avuta mai vita giocosa,
      E hanmi ingombrato il cor sí gravi cureChe né notte né dí trovata ho pace;
      E fra tante gran cure e affanni tantiMi se n'č aggiunta una sí strana e scura
      Ch'ella sola bastar potrebbe a farmiEsser via piú d'ogni altra afflitta e morta.
      Accesa io mi ritrovo di Filisio
      Sí che in lui solo ho posto ogni pensieroE con lui finir bramo i giorni miei:
      Et ecco, mentre che cercato abbiamoCondurre il nostro amore a fino onesto,
      S'č interposto Vaste al disir nostroE cerca di volermi per sua moglie,
      Il qual ho in odio piú che non ha in odioL'agnella il lupo od il leon la lupa;
      E se mestier mi fusse di pigliarloPer mio marito, piú tosto tornare
      Voglio a le selve e seguitar Dďana
      Che mai vedermi quel pastore a lato.


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Su l'Aminta di Torquato Tasso
Saggi tre
di Giosuč Carducci
Sansoni Firenze
1896 pagine 129

   





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