Su la quale ei facea dirotto pianto:
E di ciň ricercando la cagioneMi disse che la madre gli avea data
Quella anima innocente, acciocché a i lupiLa desse a divorare: et io commossa
A gran compassďon presi la figliaEt a Dino la diedi a nutricare.
Cresciuta ch'ella fu sino all'etadeDi dieci anni, i' la presi per compagna;
Et č stata con meco insino a tantoChe da Dďana si č partita, accesa
De l'amor di un pastor di queste selve.
E questo č quel che ti so dir di lei.
Rimanete con Dio; ché a la mia deaIo voglio ritornar, ch'ella mi aspetta.
Mon.
Vŕttene in pace, fortunata ninfa:
Cosí mai sempre favorisca il cieloI desideri tuoi, come allegrezza
Infinita ci hai data. Nin. Prego il cieloChe la faccia venir sempre maggiore.
Mon.E chi dič a te, pastor, quella bambina?
Pas.
La sorella di Gaia la mi diede,
Versando fuor da gli occhi un rio di piantoCon infinita doglia, biasimando
La tenace avarizia del marito,
Che per non le dover la dote dareCommesso avea a la moglie che le desse
Morte sí tosto ch'ella nata fosse,
E che se forse ella facea altrimentiProveria l'ira sua. Quella meschina
Cui non sofferse dar morte a la figliaA me la dič, che la portassi a i lupi;
E questa ninfa, come ella vi ha detto,
La prese; e grazia ho al ciel vederla viva,
E vorrei volentier che la sua madre,
Che vinta da l'affanno uscí di vita,
Viva si ritrovasse. Mon. Ora, Vďaste,
Tu puoi veder se deve esser tua moglieIrinda. Via. Poi che ritrovo esser vero
Quanto mi hai detto, ove soleva amareIrinda come amata, ora l'ho cara
Come germana mia sorella: e poi
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Dino Dďana Dio Gaia Vďaste
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