Le vivande squisite, il buon vino e la buona compagnia di persone scelte, e sopra tutto bene affette, compongono un nutrimento che colloca un uomo sano nel sommo grado di quella perfezione di cui è capace. Un pasto tale mette in un fermo equilibrio i fluidi, corrobora i solidi, dà tutto il necessario vigore a tutte le facoltà fisiche ed una letizia allo spirito che sveglia tutte le virtù, le quali, unite all'eccitato coraggio, costituiscono quell'individuo attissimo ad intraprendere qualunque importante azione, nella quale abbia bisogno di tutto se stesso, e sopra tutto di non aver a rimproverarsi qualche mancamento se non riesce con felicità, onde gli esaminatori dell'azione possano dopo l'avvenimento dire ch'egli si regolò male. Ciò era noto al veneziano: egli sapea che le facoltà del corpo e dello spirito rimangono a cagione del mangiare e del bere sopite ed ammorzate in quelli ch'eccessivamente ne usano, onde sopravvien loro, dopo preso il nutrimento, quel letargo che chiamasi sonno, del quale la natura non avrebbe quel pronto bisogno, se non l'avessero stancata, oppressa e mortificata col soverchio, grossolano, o mal ammannito mangiare. La cucina francese, che giustamente gode dell'applauso universale, non genera, in quelli che ne conoscono i pregi, nè intempestivo sonno, nè indigestione, nè pentimento in chi senza ingordigia sa gustarne le delizie. Non v'è uomo, non v'è donna che non sia, dopo un delicato pranzo più bella, più eloquente, più animata, più cortese e più giudiziosa e più presente a se stessa, feconda di bei pensieri e di peregrine invenzioni atte a procurar onesti e leciti piaceri a questa misera umanità che, se si lascia andare abbandonata a se stessa, è una fonte inesausta di miserie, di noje e di affannosi dissapori.
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