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      Essendosi egli presentato, il portinaio, che nol conoscea, vedendolo tutto sporco di sangue e supponendolo perciò un malfattore, era per chiudergli la porta in faccia, ma il veneziano non gli diede tempo; entrò a forza gettandolo con le gambe all'aria. Accorsero molti frati allora, e 'l guardiano istesso, il quale si determinò a dargli una stanza. Non passò mezz'ora che quella stanza si vide piena de' primi signori della corte e de' più accreditati, poiché il Postòli in sostanza, quantunque intrepido e valorosissimo, era considerato come il maggior nemico della nazione, e favorito del re, avea la maledizione che hanno tutti i favoriti, era temuto ed odiato o invidiato da tutti. I più cospicui tra magnati si affrettarono dunque di accorrere al convento, chi per udire la storia del fatto, chi per assicurar il ferito di protezione, chi per offrirgli danaro che non accettò e che se fosse stato saggio avrebbe accettato; ma trovavasi troppo in que' momenti in preda del demone dell'eroismo. La necessità però il costrinse ad accettare cento zecchini dal principe palatino di Russia, e dal figlio principe Adamo il trattamento intero della tavola giornaliera, non per lui che fu tosto condannato alla dieta, ma per chi portavasi all'ora di pranzo ad onorarlo. Un chirurgo francese accorse tosto ad aver cura di lui, il quale dopo avergli cacciato sangue, gli aprì il di sopra della mano presso al pollice, gli estrasse la palla, gli passò nella ferita un cordone di seta, gliela fasciò, e poi gli ordinò un medicamento, perché dicea che sgombro da ogni materia dovea essere lo stomaco di un ferito e che dovea poi esser lasciato senza nutrimento alcuno, eccettuato quello di semplice brodo; al qual ordine il veneziano non osò opporsi, come avrebbe desiderato, quando udì quel chirurgo, che pregiavasi d'intendere il latino, fulminargli l'aforismo: Vulnerati fame crucientur.


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Il duello
di Giacomo Casanova
pagine 65

   





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