Era colui un diavolo determinato, di cui non era permesso eludere i cenni; il principe il condusse a salvamento al suo cavallo, e lasciò che egli andasse alla malora. Grande intanto era divenuto lo strepito e lo spavento in Varsavia. Erasi sparsa la voce che il veneziano avea ucciso il Postòli, onde correvano a cavallo gli Ulani ed i suoi ben affetti per tutte le strade cercando l'uccisore, che non conosceano, e lanciando colpi di sciabola a tutti quelli che incontravano non vestiti alla polacca. Avevan presto tutti i mercadanti chiuse le loro botteghe, come se avessero temuto un armata di turchi, che fosse per entrar vittoriosa e dare il sacco alla città. Fortunata fu la combinazione che la notte non tardasse molto a sopraggiungere.
Questo fu il racconto che al veneziano, cagione di tutti questi accidenti, fe' il principe che, in virtù d'una pistola al petto, fu quello che aiutò l'assassino ad uscir salvo dalla casa del conte Tomatis. Giunse allora nella stanza un frate, che venne a dire che il convento era tutto circondato da guardie. Disse il principe che ciò erasi fatto per ordine del gran maresciallo della corona, che temea a ragione che non andassero gli Ulani a forzare il convento per impadronirsi della persona del veneziano e vendicar, facendone strage, l'ucciso loro colonnello.
Il tribunale del gran maresciallo della corona, cui compete tutto il criminale e che, non soggetto ad appellazione, condanna i malfattori a morte, padrone di negar la grazia della vita di qualcuno anche allo stesso re, pubblicò contro il Bissinski, che andò a ricoverarsi a Kônigsberg, un severo bando sotto pena capitale e con taglia, con confiscazione di beni e degradamento di nobiltà.
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