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      Non è dunque maraviglia, che siasi sdegnato il povero veneziano, trovandosi in quella gazzetta dipinto con colori che non erano i suoi, e vestito dalla menzogna in modo, in cui pareagli ingiusto, che si trovasse al mondo chi volesse ch'ei passasse al tempio della memoria. Egli non si sarebbe offeso, se avesse letto che un uffizial generale il congedò per ordine del re dalla corte, e non da tutta la Polonia, e non che ciò gli avvenne dopo che il monarca fu informato del suo vero nome, e della falsità di quelle qualità ch'egli erasi attribuite, all'ombra delle quali avea rappresentato alla corte un personaggio affatto differente da quello che dovea rappresentare. Queste oltraggiose bugie furono dal veneziano registrate nella propria sua mente con interno proposito di andare a suo agio a disingannare l'imprudente gazzettiere.
      Giunto egli dunque a Colonia alla metà di Luglio, poco meno di un anno dopo la sua partenza dalla corte di Varsavia, si fece indicar la casa del gazzettiere suo panigirista, ed andò poi al suo albergo, fece porre i cavalli al suo legno, e partì prendendo la strada di Giuliere, che conduce in Aquisgrana; ma appena uscito dalla città fece alto, ordinò al servo che l'aspettasse là, e tornò solo ed a piedi alla città, dove andò a fare una visita al signor Jacquier, gazzettiere francese colà domiciliato. Entrato in casa, una serva, cui dimandò di lui, gli mostrò la stanza in cui stavasi egli solo componendo la sua gazzetta. Vi entrò il veneziano bruscamente, chiuse la porta col chiavistello, imbrandì una grossa canna che avea nella mano dritta, e cavò di sua saccoccia con la sinistra una pistola, e si avvicinò al gazzettiere, che levato da sedere stavasi immobile e tremante.


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Il duello
di Giacomo Casanova
pagine 65

   





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