Egli si concentra a compatire chi il condanna, a deplorare chi confida negli uomini, a disprezzare i superbi, ed a desiderare di divenir utile a tutti quelli che gli sono stati di nocumento, vendetta sublime ed eroica, se pure non vada accoppiata con un poco di superbia, il che è da temersi. Le persone, che nella sua patria egli stima, sono poche, ma ha il piacer di vedere che quelle poche sono munite di quel vero merito, che non si lascia discernere che dagli occhi del saggio. Del solo suffragio di queste egli va in traccia, e disgustato del mondo, poiché non gli somministra più voluttà alcuna, aspetta senza desiderarla e senza temerla, la natural dissoluzione della sua macchina, procurando di mantenerla tranquilla e sana. Tra i suoi difetti non è il minore quello ch'egli ha di voler far conoscere certe verità di mondo a persone che, prevenute troppo in proprio favore, non sono suscettibili di documento, o nonpossono soffrire che scaturisca da chi riguardano come loro subalterno. Quando il veneziano sarà divenuto ben saggio, se pure avrà tempo di divenirlo, contento di ciò che sa e disposto sempre ad imparare da chi ha più esperienza di lui, lascerà che tutti credano quello che vogliono, e non vorrà a forza istruire del vero chi ricalcitrante ripugna a spogliarsi delle false idee e notizie che nutrisce. Gli uomini per natura son tali che non si possono disporre ad imparare cosa alcuna da quelli che vogliono far loro da maestri a forza: ed hanno tanta ragione quanto han torto i primi.
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