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      Napoleone, non pago d'esser benedetto dalla vittoria, aveva mendicato aspersioni e unzioni; e dopo aver rimessi a galla gli ambiziosi prelati, voleva domarli: e non colla libertà del pensiero, ma colla gretta forza. E non osò rispondere alle loro scommuniche, spalancando loro in faccia il testo degli evangelii, e sconsacrandoli nel giudicio dei popoli.
      Venne la santa alleanza, tutta infiorata di lusinghe e di promesse; e in breve si riscossero i popoli sovra letto di spine. Uscirono, come stormo di gufi, a occupare i troni della penisola le incipriate prosapie che si erano nascoste, durante la guerra, nei confessionali di Sicilia e di Sardegna. E venne secoloro una mascherata di cavalieri d'ogni croce, e di prelati e frati d'ogni tonaca; e presero a tiranneggiare le genti, e ammaestrarle ad ogni impostura e codardia. Il pontefice fu restituito; e tosto si vide nelle improvide Romagne uno spettacolo di catene e di torture, e di sicari e di carnefici, e uno strazio della giustizia e della ragione, al quale rimase solo freno il coltello della vendetta.
      Infatti sarebbe stato ben agevole agli oppressi scuotersi di dosso quegli imbelli. Ma ogniqualvolta il tentarono, primachè avessero spazio di ordinarsi a governo, e prima che potessero svegliare a comune difesa gli smemorati popoli, si trovarono a fronte gli eserciti imperiali. E tra la forza straniera e le prelatizie insidie, i più generosi moti riuscirono solo al disordine e alla fuga. Chi aveva anelato a un campo di gloria, moriva sul patibolo; e il sangue versato senza battaglia, anzichè rendere onore alla patria, metteva una macchia di viltà sul nostro nome.


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Considerazioni sul 1848
di Carlo Cattaneo
pagine 217

   





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