I rimanenti (meno di 30 mila), o erano slavi del tutto, o un misto discorde di teutoni e di slavi. Il paese interamente tedesco, l'Austria arciducale, in cui nome si faceva la guerra, aveva tra i 57 battaglioni di quell'esercito un solo battaglione con un reggimento di cavalli. Due altri battaglioni erano pure tedeschi, ma del Tirolo. E i savii di Francoforte si papparono poi la gloria austriaca come gloria tedesca; e versarono sulle austriache crudeltà assoluzioni indegne della scienza, e della patria e del secolo. E parimenti l'Italia era ammaestrata a gridare: fuori il tedesco! Anch'essa vedeva solo la guerra delle armi, contava solo le baionette; e non intendeva in altrui quel principio che traeva lei medesima alla guerra. Vedeva solo i tedeschi, che non v'erano; e non vedeva le radici intestine della potenza straniera; non vedeva coloro che, cacciati i tedeschi, avrebbero chiamati i francesi e gli spagnuoli, e si vantavano d'aver duecento milioni di schiavi; e se quei non bastassero, avrebbero chiamati i beduini e i turchi; e infine avrebbero imprecato sulla loro patria le potenze dell'inferno. E v'era, in Italia, chi non voleva ch'ella si ricordasse che gli eserciti sono lame a due tagli, e che dagli eserciti erano surti i moti del 1815, del 1820, del 1821. E così l'Italia correva a premature ostilità, quasi temesse d'aver tempo ad armarsi, quasi le dolesse lasciar agio alla mole nemica di sconnettersi, e all'Ungaria di chiarirsi qual era.
Gli austriaci avevano speranza in quella fretta degl'italiani; e abbiamo ansa a indurre che le uccisioni di Milano, di Bergamo, di Padova e di Pavia non fossero se non modi di giustificare da un lato, in faccia all'Inghilterra, le meditate invasioni, e d'avvalorare dall'altro la dimanda di nuove truppe.
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