Accadevano in un medesimo giorno i fatti di Padova e di Pavia; e si era ordinato anzi tempo che la gazzetta d'Augusta attribuisse immantinente quella simultaneità alla mano delle società secrete. Senonchè il corrispondente che inviava dallo stato-maggiore a quella gazzetta le anticipate narrazioni, sbagliava le date: citava, a Milano, sin dal giorno 9 febraio, la gazzetta di Venezia del giorno 11; e così da istoriografo si palesava profeta. A Padova dunque e a Pavia, come a Milano, a Ferrara, a Bergamo, a Brescia, a Modena, vediamo costantemente gli austriaci, armati, sollecitare a conflitto gli inermi; dare il segnale degli assalti; far essi ciò che avrebbero dovuto fare i ribelli. A che pro dunque andar cercando nelle società secrete l'unico fomite che propagò l'odio ai tedeschi e lo spinse fino alla guerra? Davvero che l'Austria bastava!
Noi dimandiamo se fossero più dannosi nemici alle austriache finanze coloro che col demolire le imposte del tabacco e del lotto sottraevano 15 milioni di reddito lordo, ma solo 6 milioni di nitido: o coloro che la consigliavano a persistere nella ingiustizia sua contro la nazione italiana, a costo anche di dover accrescere l'esercito da 36 mila uomini a 150 mila. Quest'aggiunta di 114 mila soldati per una sola nazione dell'imperio (nè l'altre nazioni erano gran fatto più tranquille), quanti milioni doveva divorare in un anno? e quanti in due, in tre anni? Centinaia senza dubbio; ben altra cosa che i 6 milioni del lotto e del tabacco. Le inconsulte spese dovevano render necessarii nuovi debiti e nuove imposte; quindi altri impacci e altre molestie da infliggersi alle nazioni già stanche: quindi inaspriti più gli odi: e affrettato l'inevitabile divorzio, l'inevitabile partaggio della monarchia.
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