Ai mostruosi fatti di Parigi, come Metternich gli chiamava, rispondevano in pochi giorni i più inaspettati eventi di Vienna. Un governo che nelle provincie non riconosceva diritti e nelle scole insegnava tutte le cose dei sudditi appartenere al sovrano, ed essere solamente concesse a loro conforto dalla sovrana clemenza, teneva ugualmente a vile anche il favorito popolo austriaco in cui nome facevasi maledire dalle provincie. I privilegi ingordamente accumulati nella capitale vi avevano adescato un'infinita turba di proletari. Fra le illusioni degli imperanti e la fattizia floridezza delle industrie, quella spensierata plebe si moltiplicava, aggiungendo intorno alle anguste mura città a città. Venne un giorno che uno stuolo di giovani spirò nella incòndita mole l'alito della coscienza e dell'idea. La republica teutonica era concetta! Arduo e doloroso è il suo nascimento, ma inevitabile e fatale. Intanto l'Italia regia trastullava i popoli colle costituzioni a beneplacito; e avviava di soppiatto le soldatesche ai confini della Savoia, per intercettare le correnti magnetiche dell'Hotel de Ville. Essa voleva far da sè, cioè far astrazione dalla Francia nelle cose d'Italia e del mondo. Ma nulla valse; poichè ciò che non voleva di Francia, le giunse di rimbalzo col telegrafo di Vienna, che apportò a Venezia e Milano, e via via di città in città, la scintilla della ribellione. A Venezia risurse dalla fida memoria del popolo la repubblica di San Marco, deposta dai patrizi, cinquant'anni inanzi, senza ferite nella tomba.
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