E in Parigi lo s'incalzava a cancellare financo il nome della Giovine Italia, il quale veramente rammentava troppo le passate crudeltà dei principi, ora penitenti e rigenerati. E lo traevano a riunirsi secoloro in una nuova Associazione Italiana, della quale scaltramente lo volevano preside, insieme però ad uomini apertamente costituzionali e principeschi; ed esigevano in nome della patria che "rinunciasse ad ogni iniziativa", e attendesse rassegnato che dal seno dell'Italia e dalla lega dei principi riformati e riformatori avesse indirizzo ogni cosa. Vedeva egli pur troppo "il retrocedere del papa e il pessimo maneggio dei moderati. Io temo, scriveva a Filippo De Boni, le riforme di Carlo Alberto, non perchè io mi sia republicano, ma perchè sono unitario. Con tutta l'avversione che ho a Carlo Alberto, carnefice de' miei migliori amici, con tutto il disprezzo che sento per la sua fiacca e codarda natura, contutte le tendenze popolari che mi fermentano dentro, s'io stimassi Carlo Alberto da tanto, d'essere veramente ambizioso, e unificare l'Italia in suo pro, direi veramente: amen. Ma ei sarà sempre un re della lega; e l'attitudine militare ch'ei prenderà, se la prenderà, non farà che impaurir l'Austria, e ritenerla forse ne' suoi attuali confini, che i re della lega rispetteranno. E questo è il peggio". Il peggio era dunque per il Mazzini la pace coll'Austria: dacchè suprema sua fede era sempre l'immediata e combattente unità di tutta l'Italia.
Ora vediamo di che tempra e di che fede si fosse codesta lega dei principi italiani.
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